sabato 9 ottobre 2010

tanto nessuno capisce quello che dico...

Cominciano ad esserci le foglie cadute. Sono piccole.
io sono un truciolo. O meglio, non lo sono ancora: per ora siamo ancora tutti attaccati, in un unico pezzo di legno. Ma, al contrario dei miei colleghi appiccicati, io lo so già che cadrò per terra; non farò parte di quella scultura finale che è negli occhi – o meglio, nella testa – di queltizio col naso a patata e gli occhiali.
Tutto è autoconvincimento.
Trucioli di pialla.
Di un lavoro fatto con semplicità, da un intagliatore. (È più o meno di un poeta?)
Non è un lavoro fatto bene; cerca di fare delle rose, ma non ha sensibilità, lo fa pressapoco, che dà l'idea di una rosa... tanto serve solo da cornice.
La cornice di uno specchio.
Ci lavora da anni, e intanto ha perso tutto, perché nessuno capiva per quale motivo ci tenesse tanto... Ora vive – da solo – in un'auto. E guarda fuori dai vetri, sentendosi protetto. O solo. A seconda dei momenti.

È la storia di una sorpresa.
Te ne racconterò...

martedì 5 ottobre 2010

a chi parlare di queste cose?

Scriverò un po' serio. Me ne perdonerai?

Sono tornato a casa solo ora. Doccia tra piastrelle mute. È notte.
Un lungo viaggio in macchina, dopo aver spento la telecamera, dopo essere sceso da un palco.
Essere l'immagine o dipingerla, non resta che prendere pioggia sulla schiena.
L'acqua a tamburellare sul parabrezza e deformare le fronde nere degli alberi ai lati della strada.
Il verde e il grigio bluastro nell'asfalto arancione, e ti ritrovi sulla faccia silenziosi sorrisi che celano idee.
Sceneggiature che non esistono.
Scrivere e riscrivere. Tutta una vita in appunti a pennarello.
Parole semplici che scorrono sul cruscotto come canzoni alla radio.
Canzoni di un'estate lontana; ti volti e il sedile accanto al tuo è vuoto.
Voler mandare un sms a qualcuno, per poter condividere questi versi che verranno inghiottiti da palpebre che si chiudono.
Ma chi potrebbe capire? (e quali parole potrebbero esprimerlo?)
“Words are flying out like endless rain into a paper cup”...
Malinconia e lontananza. La presenza di una mancanza.
Ed è questo vuoto che non devi riempire, ma contemplare.
Perché niente cambierà il mio mondo...